La storia della fabbricazione

Del laboratorio dei fabbricanti di carte esistono numerose illustrazioni.

L'Encyclopédie di Diderot e d'Alembert dedica sei tavole al lavoro del cartaio, al suo laboratorio e ai suoi attrezzi.

Nella tre tavole seguenti vengono mostrati tre diversi laboratori di fabbricanti di carte da gioco, alcuni caotici altri più ordinati.

I primi fabbricanti di carte incidevano uno stampo di legno, i più usati erano pero e melo, passavano sulla matrice un rullo inchiostrato e la comprimevano su un foglio di carta, riproducendo il disegno su un foglio bianco.

Questo era poi messo ad essiccare steso su fili come un panno e infine si passava alla fase della coloritura.

Il foglio stampato veniva poi incollato su un cartoncino pesante che dava consistenza al tutto. Questo cartoncino, di scarsa qualità e tendente al grigio, serviva per togliere trasparenza alla carta e per irrobustirla. Si aggiungeva infine un altro foglio di carta leggera, il retro della carta. Questa carta era di ottima qualità e serviva a ricoprire il cartoncino centrale che, essendo abbastanza ruvido, non avrebbe consentito di mescolare agevolmente le carte.
Il dorso, in Italia, era abitualmente decorato con motivi ornamentali o disegni che identificavano il fabbricante. In altre nazioni di solito veniva usata una carta di colore uniforme. In Francia solo dal 1816 i fabbricanti furono autorizzati a usare carta colorata o con disegni per il dorso. I cartai francesi chiamavano la carta di questi tre fogli con nomi specifici : il verso, papier au pot (dal nome di un'antica marca di carta usata a questo scopo), il foglio centrale, papier de main-brune o papier de ventre (carta da ventre, per la sua posizione all'interno della carta), e il dorso, papier cartier. Il papier au pot, dal 1751 al 1889, verrà fornito esclusivamente dallo stato e dotato di filigrana.

I tre fogli una volta incollati venivano messi sotto una pressa per eliminare l'eccesso di acqua e di colla. La sostanza adesiva anticamente usata dai cartai era la farina di frumento sciolta in acqua e messa sul fuoco; era il tipo di colla che le donne preparavano ancora a metà del secolo scorso per consentire ai bambini di incollare la carta. I fogli stampati presentavano ampi margini bianchi che consentivano di incollare i cartoni due a due, dorso contro dorso, mettendo la colla solo sui margini. Questo perché, durante le successive fasi di lavorazione, i retri rimanessero puliti.

I fogli venivano colorati e successivamente riscaldati su un braciere, strofinati con pezzi di sapone secco chiusi in uno straccio e poi lisciati con una pietra, di solito agata o marmo, per ottenere una superficie il più possibile levigata e lucida. Il sapone serviva a ricoprire il foglio in modo che la pietra potesse scivolare sulla carta senza segnarla.
Infine i fogli venivano rimessi sotto la pressa per l'essiccazione finale del cartoncino e per fargli perdere la curvatura provocata dall'azione della lisciatura del foglio.

Diderot et d'Alembert, Encyclopédie, Cartier Venivano poi tagliati con enormi forbici, che si sono evolute in taglierine Playing cards, Fournier museum, pag. 22 × successivamente. Queste forbici si usavano per dividere le strisce, mentre per le singole carte si usavano cesoie più piccole, in modo che il lavoro fosse più accurato.

Infine i lavoranti dividevano e raccoglievano tutte le carte, controllando che il mazzo fosse completo e senza difetti, per poi impacchettarlo.
Spesso lo stesso artigiano aveva una bottega aperta al pubblico e metteva anche in vendita i mazzi, concludendo il ciclo di produzione.

Le carte da gioco sono state probabilmente le prime merci ad essere vendute impacchettate dal produttore. Gli altri prodotti venivano tenuti sciolti nelle botteghe e la confezione, quando necessaria, veniva effettuata direttamente dal commerciante usando fogli di carta. Mezzo secolo fa in ogni negozio di alimentari non poteva mancare la carta azzurra per lo zucchero, gialla per la carne e i fogli di giornale già letti per altre merci.
Per le carte da gioco l'involucro serviva a garantire la completezza del mazzo, anche se ci è capitato ancora oggi di acquistare mazzi sigillati e mancanti di una o più carte.

Un disegno allegorico di un cartaio con tutti i suoi attrezzi, inciso da Nicolas de Larmessin nel XVII secolo e conservato al Victoria and Albert Museum di Londra, mostra come gli attrezzi necessari a produrre un mazzo di carte da gioco fossero veramente pochi J. Hamilton, Playing cards in the Victoria and Albert museum, frontespizio × .

Questo sistema di fabbricazione molto artigianale continuò fino al XIX secolo e prevedeva che la stampa ricavata dalla matrice fornisse solo i contorni delle figure, provvedendo in un secondo tempo con pennelli o timbri a passare pochi tratti di colore coprente. Questo, quando si coloravano le carte a buon mercato, senza troppa attenzione per le linee già stampate, in alcuni casi intingendo i polpastrelli delle mani nel colore e usandoli come pennelli . Questo grossolano metodo di tinteggiatura con le dita Elaborazione grafica da Baraja A la morisca, Italia secolo XIV (40/52), edizioni Del Prado, 2005 × in Spagna veniva detto a la morisca, cioè alla moda dei mori, per ricordare da chi l'avevano imparato gli artigiani spagnoli.

Coloritura Più tardi per la colorazione si utilizzarono speciali mascherine ritagliate che oggi conosciamo con il vocabolo inglese stencil o francese pochoir.
Esse venivano sovrapposte al foglio non ancora tagliato in modo che potessero essere dipinte solo le parti prestabilite.
Tali mascherine erano costituite da fogli di cartoncino, più tardi in zinco, cui mancava la parte che doveva essere colorata. L'artigiano, con un tampone o un grosso pennello, tinteggiava il tutto e poi stendeva il foglio ad asciugare. Il metodo era semplice e a buon mercato, ma non sempre i risultati erano soddisfacenti in quanto quasi mai la mascheratura era perfettamente allineata con il disegno già impresso e l'inchiostro schizzava oltre i margini della parte da colorare.
Nelle illustrazioni si vedono il foglio della mascheratura, il foglio con le carte da colorare e l'artigiano al lavoro.

I colori utilizzati erano naturali, ottenuti da piante o minerali.
Il nero si otteneva miscelando con amido il nerofumo, il rosso con il solfato di mercurio sciolto in acqua, il giallo veniva da bacche mischiate con allume o dalle bucce delle cipolle mentre il blu era ricavato da una pianta asiatica, l'indaco, che verrà poi usata per colorare i blue jeans.
Il grigio era dato dal blu o dal nero molto diluiti e gli altri colori erano ottenuti miscelando i tre colori primari.

Una bella tavola con gli attrezzi utilizzati si trova in internet, nel sito web Peter Endebrock's Playing-card Pages www.endebrock.de/pers-home.html.