La storia dei sistemi di stampa

I primi mazzi di carte, quelli a buon mercato diffusi tra la gente comune, venivano riprodotti in serie da rozze matrici incise su tavole di legno. Quelli per le classi più abbienti, come i tarocchi in uso nelle corti, erano dipinti a mano da pittori famosi, spesso con magnifici fondi oro. I sistemi di stampa sono rimasti artigianali fino a tempi relativamente recenti, quando l'evoluzione tecnologica ha reso possibile una produzione di massa.
Prendendo spunto dall'articolo "The printing of playing-cards" di George Beal 1 del dicembre 2000 tentiamo un riassunto dei metodi di stampa più usati, fornendo alcune indicazioni su come riconoscerli.
Premettiamo che non sempre è facile per un profano distinguere i vari tipi di stampa e ci consola il fatto che anche famose case d'asta prendano abbagli nei loro cataloghi 2.

Se le stampe si ottengono mediante l'inchiostro depositato sulla superficie in rilievo (ad esempio la xilografia) si parla di tipografia o letterpress in inglese, mentre se l'inchiostro è deposto nell'incavo della matrice (come nella calcografia) la stampa è detta a rotocalco o rotocalcografia.

Il sistema tipografico mostra quasi sempre la pressione cui è stato sottoposto l'inchiostro, come già detto steso sulla superficie in rilievo, e la tinta spesso "schizza" oltre il dovuto in alcuni punti. Il colore è steso uniformemente, senza sfumature, e le ombreggiature sono ottenute con linee abbastanza consistenti, come in questa litografia × .

Il sistema a rotocalco si evidenzia per le linee più fini e per l'uso di ombreggiature procurate mediante incrocio di linee. Il colore è aggiunto successivamente, quasi sempre a mano; si notano a volte i segni del pennello × .

Nella cromolitografia per riprodurre le differenti sfumature di colore l'incisore disegna sulle matrici numerosi punti disposti in maniera irregolare × , ben distinguibili solo ingrandendo la figura. Il sistema, molto dispendioso, fu usato fino al 1930 per i mazzi di pregio e cadde in disuso prima della seconda guerra mondiale con l'avvento della produzione industriale di massa.

Nella fotolitografia o offset, sempre ingrandendo molto la stampa, si vedono i punti utilizzati per le sfumature di colore che sono perfettamente allineati. Questi punti si ottengono con retini, non è l'artista a inserirli manualmente × .

La litografia a punti × si riconosce per il riempimento di alcune parti della figura con puntini allineati, tutti uguali nelle dimensioni e nelle gradazione di colore. La zona "retinata" non presenta sfumature di colore.

Passiamo ora a vedere questi sistemi di stampa un po' più in dettaglio.

Xilografia

Il primo metodo di stampa utilizzato per le carte da gioco è conosciuto come xilografia (dal greco xýlon legno e gràphein scrivere).
Per questo procedimento di stampa si usano matrici in legno, di solito pero o melo, incise con scalpelli. I tratti ottenuti sono piuttosto decisi e marcati, con immagini semplici.
Il disegno è dato dalla parte sporgente della matrice e su questo rilievo viene steso l'inchiostro. Gli inchiostri, sia quello nero per il disegno di base che quelli per tinteggiare l'immagine, erano ottenuti sciogliendo in acqua polveri coloranti unite a sostanze che servivano a rendere il colore più denso e a fissare la tinta alla carta su cui veniva applicata. Molto usata a questo scopo era la cosiddetta gomma arabica, la resina di alcuni tipi di acacia.
All'inizio i colori erano stesi a mano, con i pennelli o addirittura con le dita; più tardi si utilizzarono mascherine con ritagliate le sagome corrispondenti alla zona da colorare.
Per il suo basso costo e per la limitata attrezzatura richiesta la xilografia rimase in uso, per le carte più a buon mercato, fino all'inizio del XX secolo. Nei tempi più recenti era usata soprattutto dai piccoli fabbricanti che non potevano permettersi le moderne e più costose macchine da stampa. La xilografia, oltre che per le figure di solito più rozze, si distingue per le linee che spesso sono spezzate, visto che la matrice lignea ha scarsa resistenza agli agenti atmosferici e all'uso.
I colori sono aggiunti con timbri o mascherine; si nota la loro sfasatura rispetto alle linee in nero e la difficoltà a riempire esattamente le aree.

Calcografia

Nel XVII secolo cominciarono a essere usate matrici in metallo, inizialmente in rame. Dal nome di questo metallo (in greco chalkós) il metodo fu detto calcografia. Questa tecnica era già utilizzata da tempo dagli stampatori 3, ma venne adottata solo molto più tardi dai cartai, probabilmente perché più dispendiosa della xilografia.

La lastra veniva incisa con un bulino e nella cavità ottenuta era depositata la tinta per la stampa. La calcografia consentiva disegni meglio definiti e più elaborati rispetto alla xilografia. Si potevano disegnare linee più sottili, anche incrociate, ottenendo così ombreggiature più realistiche.
Visto che la tinta era nella cavità della matrice, per ottenere una stampa perfetta la pressione esercitata tra la matrice e la carta doveva essere maggiore che nella xilografia.
Questo faceva sì che sul foglio appena stampato risultassero numerosi rilievi, fatto che rendeva più difficile la coloritura con le mascherine. Perciò spesso si preferiva colorare le carte con il pennello, usando di solito la tecnica dell'acquerello.
Questo sistema richiedeva artigiani più esperti, il che rendeva più costoso il procedimento.

Litografia

Nel 1798 Aloys Senefelder (1771-1834), uno stampatore di Monaco di Baviera, ideò la litografia (dal greco lìthos pietra), un metodo di stampa che prevedeva una matrice in pietra calcarea ben levigata sulla quale veniva tracciato il disegno con una matita grassa. Senefelder si era accorto che spargendo sulla lastra bagnata una particolare sostanza la parte disegnata lo tratteneva, mentre il colore non aderiva sul resto della pietra.
Disegnare con una matita grassa era più semplice che ottenere una matrice e soprattutto permetteva la correzione degli errori, cosa molto più macchinosa, spesso impossibile, con i metodi precedenti.
La matrice era meno complicata da realizzare, più a buon mercato e molto più resistente all'usura. Inoltre questo metodo permetteva la colorazione delle immagini direttamente in fase di stampa, anche se in un primo tempo usando un solo colore per volta. Purtroppo però i colori uscivano spesso dai margini assegnati, a causa della pressione esercitata durante la stampa.
Il primo mazzo di carte stampato in litografia probabilmente fu la Baraja Costitucional Baraja de la costitucion de Cadiz, Simón Ardit y Quer y Com.a, 1822, ristampa Del Prado, edizioni 2004 × , prodotta nel 1822 negli stabilimenti della Viuda y Hijos de D. Antonio Brusi (o Simón Ardit y Quer y Com.a secondo altre fonti), che aveva acquisito da Senefelder per cinque anni il permesso di utilizzare questo sistema. Questo mazzo fu colorato a mano, in quanto tale sistema era ritenuto più adatto a carte di lusso 4.

Il 3 febbraio 1832 Thomas De La Rue, un fabbricante di carte da gioco di Londra che aveva iniziato la sua attività solo il 3 dicembre dell'anno precedente, richiese il brevetto per una sua invenzione, un sistema di stampa litografica a più colori che permetteva un forte risparmio nei tempi e nei costi di produzione delle carte. Nel blog di Ken Lodge sono riprodotte alcune carte di questo primo mazzo stampato in litografia.

In precedenza si usavano colori ad acqua, stesi con tamponi o pennelli, mentre il brevetto di De La Rue permetteva di usare colori a olio direttamente in fase di stampa. I colori a olio consentivano di usare polveri metalliche, permettendo così di utilizzare pigmenti come oro o argento che in precedenza richiedevano la coloritura manuale.

Prima di questa invenzione in litografia si stampava il nero, cioè le sagome delle figure disegnate sulla matrice, e poi si aggiungevano i colori. Con il nuovo sistema invece venivano impressi prima i colori e per ultimo il nero, con i contorni delle figure. Essendo il nero il colore più coprente, questo metodo permetteva di nascondere eventuali imperfezioni o sbavature nella stampa dei colori sottostanti.
I colori peraltro, con le macchine brevettate dal fabbricante inglese, apparivano meglio allineati, senza imperfezioni di registro. Nell'esempio di stampa allegato alla richiesta di brevetto di De La Rue erano usati, oltre al nero, altri sei colori stampati in passate successive senza sbavature, un primato per l'epoca.
Con questo sistema furono prodotti in un primo momento due diversi mazzi di disegno standard Inglese, uno con figure tradizionali 5 e l'altro con disegni innovativi e meno schematici 5. Quest'ultimo disegno però non ebbe un grande successo di vendite, visto il tradizionalismo dei giocatori di carte sommato a quello proverbiale degli inglesi, e fu presto abbandonato.
Lewis I. Cohen, un fabbricante di New York, nel 1835 inventò una macchina per stampare 4 colori in una sola passata e ne mantenne il segreto fino al 1844, quando ne svelò le caratteristiche al figlio e ai tre nipoti che lavoravano con lui.
Questa macchina permise di velocizzare di molto la produzione e di dar vita a una fabbricazione delle carte da gioco veramente industriale.

Altre tecniche di stampa si esaminano meglio solo con un forte ingrandimento dell'immagine fornita.

Cromolitografia

Le tinte nella litografia sono molto piatte, con colori senza sfumature né ombreggiature. Per ovviare a ciò fu ideata la cromolitografia (dal greco chrôma colore) o litografia a colori.
Il primo termine veniva convenzionalmente utilizzato se i colori usati erano almeno nove, numero che si riteneva il minimo per una stampa di ottima qualità; con un numero inferiore di colori si utilizzava di norma il secondo termine.
Questa tecnica utilizza punti colorati per ottenere ombre o sfumature nel colore.

Nel 1833, l'anno successivo al brevetto inglese di De La Rue, Bernard Dondorf iniziò la sua attività adottando prima la litografia e successivamente la cromolitografia per la stampa delle carte da gioco. Il fabbricante tedesco, la cui ditta aveva sede a Frankfurt am Main, è ritenuto uno dei migliori stampatori di carte mai esistiti. Nel 1933 la società, in occasione del centesimo anniversario della fondazione, decise di stampare un mazzo che necessitava di ben 16 passaggi di stampa per il verso oltre ai 12 necessari per il retro. La stampa di questo mazzo, che non fu messo in commercio ma regalato agli invitati alla celebrazione, fu talmente onerosa che, assieme alla pesante crisi economica in atto in quegli anni in Germania, contribuì al fallimento della ditta.

Questo mazzo "Dondorfs Hundertjahrkarte" (carte del centenario di Dondorf) fu ripubblicato Dondorf centennial cards, B. Dondorf, 1933, ristampa Altenburger und Stralsunder Spielkarten-Fabriken A.G., 1975 × più di quarant'anni dopo dalla Altenburger und Stralsunder Spielkarten-Fabriken, meglio nota come ASS, la ditta che nel 1933 aveva rilevato l'attività di Bernard Dondorf. La nuova edizione fu possibile grazie al fatto che nel 1975 i sistemi di stampa erano molto più economici che nel 1933, anche se i risultati non furono certamente identici.
Per mostrare la differenza tra un mazzo originale e una ristampa dello stesso ho riprodotto due mazzi, di Dondorf (in alto) e di Ass (in basso) appunto. Ritengo che le differenti tecniche di stampa siano ben visibili anche nella scansione Mazzo del Reno, 1970 (riproduzione ASS) e 1900 circa (originale Dondorf) × .
Una riproduzione del mazzo originale del centenario è nel sito web Peter Endebrock's Playing-card Pages www.endebrock.de/pers-home.html e un articolo sull'argomento è leggibile nel sito web 52 plus Joker 52plusjoker.org.

Fotolitografia

Un nuovo metodo di stampa fu sviluppato in Gran Bretagna nel 1857 e migliorato successivamente da Robert Barclay che ne depositò il brevetto nel 1875. Questo metodo, detto fotolitografia o offset con termine inglese, fu in seguito utilizzato anche per le carte da gioco.

La stampa non avviene direttamente, ma si riproduce l'immagine su un foglio di carta, o in tempi più recenti su una lastra di gomma, e da questa sul foglio definitivo. Questo sistema permette di usare come matrice anche una fotografia. È possibile, usando appositi filtri, produrre differenti lastre di una stessa immagine, separandone i colori e riproducendoli poi in stampa in modo molto preciso.

Nella riproduzione è ben visibile la caratteristica retinatura che permette di identificare questa tecnica di stampa.

Litografia a punti

Un metodo più recente è la litografia a punti, che utilizza punti in tinta, ottenuti tramite retini o elettronicamente come si fa attualmente. Questo sistema, rispetto all'offset, ha i puntini tutti uguali come dimensioni e con la stessa gradazione di colore.

Non tutta l'immagine presenta questa retinatura, ma solo alcune parti; il resto del disegno ha colori piatti.

Confronto

Le illustrazioni, qui mostrate unite, danno un confronto tra i diversi sistemi di stampa × .

Nel corso degli anni ci furono varie innovazioni nei metodi di produzione, le pesanti matrici in pietra furono sostituite da lastre di zinco, più leggere e meno voluminose, i disegni vennero riprodotti fotograficamente, con le macchine più moderne sparirono le sbavature e le sfasature nei colori e la stampa divenne sempre più perfetta. Sparirono però gli artigiani e gli artisti che avevano fatto la storia delle carte da gioco in quanto l'industrializzazione sempre più spinta permetteva sì enormi volumi di stampa, ma non lasciava possibilità di sopravvivenza ai piccoli produttori. Questi non riuscivano ad ammortizzare gli alti costi dei macchinari necessari, visto il ridotto volume della loro produzione, e i loro prodotti costavano di più ed erano meno perfetti di quelli della concorrenza.

In questi ultimi anni si sta assistendo ad una elevata concentrazione, i fabbricanti più importanti acquisiscono quelli più piccoli o questi chiudono non riuscendo più a stare al passo con gli enormi investimenti che sono necessari.
Il Sunday Times del 24 febbraio 1969 riporta che negli Stati Uniti esistevano a quella data solo 5 produttori di carte da gioco contro i 200 rilevati un secolo prima 6 e lo stesso sta succedendo nelle altre nazioni.

Non spariscono solo i piccoli artigiani, ma anche i grossi fabbricanti di carte.

La spagnola Heráclio Fournier S.A. è stata rilevata dalla statunitense United States Playing Card Company nel 1986.

Altre grosse ditte sono state acquisite dalla belga Carta Mundi, oggi il più importante produttore europeo di carte da gioco. Questa ditta è nata nel 1970 dall'unione dei vari fabbricanti di carte che avevano la loro sede a Turnhout. Ha acquisito nel gennaio 1999 la società svizzera AG Müller di Neuhausen am Rheinfall, attiva dal 1835, e agli inizi del XXI secolo quasi tutte le fabbriche tedesche: la V.E.B. Altenburg Spielkarten Fabrik, dell'ex Germania Orientale, la F. X. Schmid Vereinigte Münchener Spielkarten-Fabriken GmbH., la Altenburger und Stralsunder Spielkarten-Fabriken, meglio nota come ASS che era stata ceduta nel 1996 a un fabbricante di giocattoli, e la Berliner Spielkarten & Co. GmbH.

In Italia la Masenghini, che era attiva dal 1876, è stata acquisita dalla Dal Negro nel dicembre 2003.

La più grande fabbrica di carte da gioco del mondo oggi è la United States Playing Card Company di Cincinnati, meglio nota con la sigla U.S.P.C.C., con una capacità produttiva di 500.000 mazzi al giorno.



  1. IPCS Journal, 29-3 ↩︎

  2. IPCS Journal, 29-3, pag. 106 ↩︎

  3. Prima metà del XV secolo (Accademia del tre, Giochi di carte del '400) ↩︎

  4. La Sota, n. 18, pag. 61 ↩︎

  5. IPCS Journal, 28-3, pag. 123-136 ↩︎ ↩︎

  6. Roger Tilley, A history of playing cards, pag. 180 ↩︎